mercoledì 12 dicembre 2007

Holunder e Holda

Holunder e Holda

Mi chiamano Holunder, ma, il mio nome, in realtà, è Cesare, un sambuco romano con aspirazioni Asburgiche. Sono amico delle cornacchie e di tanti altri poveri animali. La famiglia di questi "incantevoli" volatili gracchianti, a me più vicina, è quella di Susa, il nome della madre dei miei amici, che ha sempre in testa la sua terra d'origine, la fantastica città del Piemonte. Sosa, invece, è il nome del marito che etimologicamente deriva da "se osa a fa' quarcosa" ti succederà etc. etc. Susina e Sosino sono i figli che garantiscono la sopravvivenza della specie. Susina è dolce come un frutto, Sosino è figlio del cui sopra a cui non è permesso niente, anzi, per il piccolo è ancora "peggio": "s'osi a pensa' vai in bocca ar gattino - s'os ino". Un altro amico fedele è Leone africano, che si racconta da solo: "Io, Hassan, figlio di Mohamed il pesatore, io, Giovanni Leone de' Medici, circonciso per mano di un barbiere e battezzato per mano di un Papa, vengo oggi chiamato l'Africano, ma non sono africano, né europeo, né arabo... Sono figlio della strada, la mia patria è la carovana, la mia vita la più imprevedibile delle traversate."
In questa immaginaria ma saldamente documentata autobiografia, viene narrata l'avventurosa e singolare esistenza di Hassan al-Wazzan, dapprima viaggiatore e ambasciatore di sovrani maghrebini, poi, dopo essere stato catturato da pirati siciliani e donato al pontefice rinascimentale Leone X, geografo sotto il nome di Leone l'Africano. Le vicende di Leone l'Africano ci guidano di città in città - Granada, Fez, Timbuctù, il Cairo, Costantinopoli - attraverso gli aromi intensi e i colori abbaglianti dell'Africa, con i suoi mercati policromi, le corti variopinte e i giardini di sogno, poi a Roma nei suntuosi palazzi del Vaticano, in piazza San Pietro brulicante di folla, dentro la Città Eterna abbandonata ai lanzichenecchi. Animato da un autentico spirito cosmopolita, Leone l'Africano imparerà dalle sue continue peregrinazioni a non rinunciare mai a se stesso, fiducioso che "la terra di Dio è vasta, e vaste le Sue mani e il Suo cuore".
Tra gli uomini e le donne appartenenti a un mondo gerarchicamente più elevato del mio status tassonomico linneano (Carl von Linné) , spicca la figura di Arturo, guardiano dell'Orsa maggiore, ma anche guardiano delle pecore di via Appia Antica, e il figlio dell'oca, Konrad Lorentz.